Ka: Nella religione dell'antico Egitto è il nome che identifica uno dei principi spirituali dell'individuo umano. Gli egittologi lo definiscono anche Kha o Kah. Nei comuni mortali il K. si manifesta soltanto dopo la morte, mentre nel Faraone segue la curva dellintera vita. Per sopravvivere necessita del corpo fisico, per cui s'impone la mummificazione del cadavere del defunto (v. Doppio). Non è dotato di capacità di movimento, e la sua vita non è che la continuazione della vita dell'individuo dopo la morte. Dev'essere nutrito per mezzo delle offerte funerarie. Viene raffigurato come un fanciullo, controparte dell'essere che rappresenta, oppure come adulto, ma mai come vecchio. È sempre rappresentato con le braccia alzate, a simboleggiare la sua condizione elevata verso i Cieli, la dimora degli dei.
Kaaba: Nome con cui di
norma l'occidente identifica la Ka'ba (v.), la costruzione
parallelepipeda eretta a supporto della sacra Pietra Nera della Mecca.
Ka'ba: In arabo significa dado, ed indica un piccolo edificio sacro in pietra, di forma parallelepipeda, che sorge nel cortile della Grande Moschea della Mecca. Nella sua parte bassa dell'angolo nord orientale, è collocata la "Pietra Nera", un blocco meteoritico di basalto (secondo la leggenda portato sulla terra dall'arcangelo Gabriele), venerata da tutti i musulmani poiché considerata dimora di Dio in terra. La K. è il polo religioso dell'Islamismo (v.), verso cui ogni Musulmano deve rivolgersi per le preghiere rituali, e fu costruita in età preislamica (secondo la tradizione dallo stesso Abramo) in onore del vero ed unico Dio. Decaduta in seguito a sede di culto idolatrico, venne infine purificata da Maometto, che la dedicava successivamente alla gloria di Allah, ed è tuttora mantenuto come sede di pellegrinaggio per tutti i credenti. È ricoperto da un velario di seta nera con ricami d'argento e d'oro (Kiswa), che viene cambiato una volta all'anno. La direzione della K., detta qibla, nelle moschee di tutto il mondo viene indicata con una nicchia sul muro di fondo (v. Betilo).
Kabbala: Termine di origine araba dalla sillabazione incerta, designante una tra le più importanti e diffuse dottrine esoteriche medievali, nota anche sotto il nome di Cabala, Cabbala, Kabalah e Qabbalah (v.).
Kalam: Termine di origine araba dal significato di parola, che indica un particolare indirizzo della teologia islamica incentrata sulla parola di Allah. I seguaci di tale corrente sono conosciuti come Mutakallinum, ovvero ragionatori.
Kalì: Dal bengali, la scura, la nera. Dea indù dall'aspetto terrificante, simbolo della morte e della distruzione del mondo. Sposa di Siva, è venerata non in dipendenza del dio, ma autonomamente. Viene rappresentata come una vecchia ed orribile donna nera cinta di serpenti, con da quattro a sedici braccia, occhi infuocati, lingua pendente che gocciola sangue delle sue vittime, zanne di belva e capelli irsuti. Al collo porta una collana composta da 50 teschi umani. Nel suo aspetto positivo e creativo è chiamata Durga, l'inaccessibile, Jagaddhatri, la creatrice del mondo, e Sakti, potenza, nel senso che rappresenta la potenza di creazione del marito Siva, che senza di lei è definito dai testi sacri indù sava, cadavere. Alla dea K. è dedicato un famoso tempio di Calcutta, dove le sono offerti sacrifici cruenti di animali. Sacrifici umani le venivano un tempo offerti dalla violenta setta dei Thugs. È una figura che Emilio Salgari ha sfruttato drammaticamente e macabramente nella sua serie di racconti editi sul personaggio della Tigre di Mompracen.
Kalpa: Unità di misura di tempo indiana, avente la durata totale di 8.640.000.000 anni, equivalente a 2000 Grandi Yuga (v.) o Maha-yuga, ognuno dei quali è di 4.320.000 anni. Un risultato ottenibile anche considerando che il tempo di Brahma è suddiviso in quattro Yuga (età), che complessivamente assommano a 12.000 anni (Maha-yuga) che, moltiplicato per 360, ovvero il numero di giorni di un anno normale, da come risultato i 4.320.000 anni già Settantuno Maha-yuga formano un Manvantara, e 14 di questi costituiscono finalmente un K. di Brahma. Quindi, ricapitolando, 4.320.000 x 71 x 14 = 4.294.080.000 anni del nostro attuale calendario. Il K. viene anche definito come "un giorno ed una notte di Brahma".
Kant Immanuel: Filosofo
tedesco (1724-1804), che con la sua dottrina del criticismo operò una vera rivoluzione
speculativa, mettendo radicalmente in crisi tutti i concetti precedenti di metafisica, ed
indicando i limiti oltre i quali la ragione umana non può spingersi. Questo portò a
fondamentali rinnovamenti non soltanto nel campo gnoseologico, ma anche in quelli
delletica e dellestetica. Dal punto di vista storico complessivo del pensiero,
K. Offre una sintesi che riassume i risultati delle grandi correnti critiche del
Settecento, quali lIlluminismo e lEmpirismo, tenendo conto della rivoluzione
scientifica attuata da Newton, e cercando di attuarne una analoga in filosofia; nello
stesso tempo inaugura le tematiche che saranno in seguito sviluppate dallidealismo e
dal romanticismo. K. Studiò teologia e filosofia alluniversità di Königsberg
dovera nato, avendo come maestro Martin Knutzen, di formazione wolffiana; gli
interessi di questo primo periodo, che va fino allinizio degli anni 60, sono
soprattutto in senso fisico, astronomico, e cosmologico, nel quadro del dibattito tra
metafisica cartesiana e leibniziana. Nel 1755 pubblica la Allgemeine Naturgeschichte
und Theorie des Himmels (Storia universale della natura e teoria del cielo),
esponendovi le ipotesi di formazione delluniverso a partire da una nebulosa
primitiva (ipotesi oggi nota sotto il nome di Kant-Laplace),. Sempre del 1755 è lo
scritto con cui K, conseguì la libera docenza, Principiorum primorum cognitionis
metaphysicae nova dilucidatio, in cui già si presentano i nuovi interessi
gnoseologici e metodologici, che vengono poi sviluppati in una serie di opere fino alla
"Dissertazione" del 1770. Questo secondo periodo è determinante per la
formazione del suo pensiero, in quanto segna il netto distacco dalla metafisica wolffiana
e lapertura di K. verso lempirismo ed il sentimentalismo inglesi. Nella Untersuchung
über die Deutlichkeit der natürlichen Theologie und der Moral (Ricerca
sullevidenza dei principi della teologia naturale e della morale, 1764) distingue
tra metodo matematico (sintetico) e metodo filosofico (analitico), contro la tradizione
cartesiana che li identificava, ma è soprattutto nei Träume eines geistersehers
erläutert durch Träume der Metaphysik (Sogni di un visionario, spiegati con i sogni
della metafisica, 1788) che si annuncia la nuova posizione criticistica. In questa
operetta K. prende spunto dalle facoltà spiritistiche attribuite al contemporaneo svedese
Swedenborg, per concludere che i metafisici sono dei visionari della ragione, e che la
metafisica devessere trasformata in scienza dei limiti della ragione umana. Nel 1770
K. ottiene finalmente la cattedra di logica e metafisica a Königsberg, ed espone nella Dissertazione
inaugurale De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis, una teoria
del rapporto tra sensibilità ed intelligibilità, che sarà in larga parte mantenuta
nelle opere successive. In particolare nella Dissertazione, con cui si chiude tutta la
frase pre-critica del suo pensiero, troviamo la prima formulazione della distinzione tra fenomeni
e noumeni. Il decennio successivo è interamente dedicato alla messa a punto
dellopera maggiore, Kritik der reinen Vernunft (Critica della ragione pura),
la cui prima edizione esce nel 1781; ad essa seguono i Prolegomena zu einer jeden
künsftigen Metaphysik, die als Wissenschaft wird autreten können (Prolegomeni ad
ogni metafisica futura, che potrà presentarsi come scienza, 1783), che ne sono una
rielaborazione schematica, e la seconda edizione riveduta nel 1787. Critica della ragione
pura significa la critica che la ragione istituisce nei confronti di sé stessa, per
vedere sino a che punto la sua conoscenza sia valida ed oltre quale limite invece si
tratti di una conoscenza supposta od illusoria: tale impostazione implica che il soggetto
sia in grado di valutare sé stesso, e di esprimere in sé un criterio di scientificità.
Si tratta della cosiddetta rivoluzione copernicana di K., intesa a spostare il polo
della conoscenza dalloggetto al soggetto, spostamento che verrà in seguito
assolutizzato dallidealismo. K. intende escludere dal piano della filosofia la
pretesa realtà in sé delle cose, per la quale la ragione non possiede alcun criterio di
attestabilità, mentre identifica nel campo dellesperienza (fenomeni) lunico
oggetto delleffettivo sapere filosofico, come già aveva fatto Hume. Ma K. supera lo
scetticismo di Hume proprio attraverso la funzione del soggetto (io penso), in quanto
condizione formale della conoscenza: la conoscenza dunque è possibile solo nei limiti
dellesperienza, ma solo le condizioni soggettive, come le intuizioni trascendentali,
od a priori di tempo e spazio, forme a priori o categorie dellintelletto. Modo
tipico di tale conoscenza è il giudizio sintetico a priori, un giudizio cioè che sia
nello stesso tempo sintesi empirica e forma trascendentale soggettiva. La Kritik,
la cui ricchezza tematica e la cui complessità non sono qui ricostruibili, si articola in
tre grandi parti: lEstetica trascendentale, che studia la sensibilità e le
sue forme pure (spazio e tempo); lAnalitica trascendentale, che si occupa
dellintelletto, del suo funzionamento e delle sue categorie (Divise in quattro
gruppi: quantità, qualità, relazione e modalità); la Dialettica trascendentale, in
cui sono studiati gli effetti delle pretese da parte della ragione di spingersi oltre il
fenomeno. In questultima sezione K. analizza le idee fondamentali della metafisica
tradizionale (Dio, anima, mondo) mostrandone la natura contraddittoria dal punto di vista
della conoscenza, e vedendo in esse un altro tipo di realtà, proprio delletica, o,
come egli dice, della ragion pratica. Alletica K. dedica, oltre ad alcuni scritti
minori, la Kritik der praktischen Vernunft (Critica della ragion pratica, 1788),
che pure costituisce una svolta decisiva nella storia del pensiero: infatti K. vi svolge,
sulla base degli imperativi categorici come leggi proprie del soggetto, una teoria della
morale autonoma e formale, sostenendo il principio della libertà della determinazione
soggettiva, e la necessità di sganciare le leggi etiche dai loro effetti. La libertà,
limmortalità e lidea di Dio vengono qui recuperate come ideali regolativi, o
postulati della ragion pratica. La terza critica, Kritik der Urteilschaft (Critica
del giudizio, 1790), viene infine composta da K. per rispondere ad un problema implicito
emerso nei lavori precedenti: come è possibile armonizzare la conoscenza determinata dei
fenomeni e la libertà della sfera autonoma dellio? La natura, risponde K., può
essere considerata non solo scientificamente, ma anche dal punto di vista degli interessi
e degli scopi soggettivi, cioè come natura oggetto del giudizio estetico e come natura
oggetto del giudizio teleologico (finalistico). Questo tipo di conoscenza non determinante
è raggiungibile attraverso il giudizio riflettente. Tra le altre opere dellultimo
periodo sono importanti: Die Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernunft (La
relione nei limiti della semplice ragione, 1793), la cui tesi (riduzione della religione
alla morale) suscitò vivacissime polemiche, e lOpus postumum (uscito nel
1820), che riunisce dodici fascicoli di appunti di una riflessione sui principi metafisici
della natura, lasciata incompiuta a causa della morte. Ipotesi nebulare di K.: è
unipotesi sulla genesi del sistema solare formulata da K. nel 1755. Essa suppone che
il sistema solare si sia formato a partire da una nebulosa primitiva costituita da polvere
e gas. In seguito la nebulosa si sarebbe contratta per attrazione gravitazionale, ed
appiattita per la forza centrifuga prodotta dalla rotazione, ed intorno a nuclei più
densi di materia si sarebbero formati il sole, i pianeti ed i satelliti. Laplace formulò
più tardi, ed indipendentemente da K., unipotesi analoga ma con diversa evoluzione.
Attualmente i presupposti ed alcuni aspetti delle due teorie vengono ancora ritenuti
validi.
Karma Yoga: Espressione in lingua sanscrita avente il significato di Yoga del Lavoro. Rappresenta il metodo seguito dai discepoli di Purva Mimansa, in opposizione a quello dellUttara Mimansa.
Karma: Termine sanscrito denominato anche karman (v.).
Karman: Termine sanscrito che significa opera. Viene anche denominato karma. In età vedica indicava un atto rituale o sacrificale. Più tardi tutte le religioni indiane, come l'indù, la buddhista e la jaina, adottò tale termine per indicare il peso, il fardello, il bagaglio, costituito dall'insieme delle azioni attive e passive, buone e cattive, anche appartenenti alle vite precedenti, compiute da ogni individuo. Tali azioni producono un frutto od una conseguenza (phala) che costringono l'anima (atman) all'emigrazione di esistenza in esistenza, ovvero determinando la sofferenza e la reincarnazione (v.), fino alla totale estinzione del K. stesso.
Karnak: Cittadina dellAlto Egitto, posta sulla riva destra del Nilo, nei pressi di Luxor. Sorge sul luogo dellantica Tebe, della quale rimangono diversi templi, tra i quali quello di Khonsu, con il santuario di Osiride, di Amon, di Mut, di Ptah e di Ramesse III. Il complesso di K., dedicato al dio Amon di Tebe, alla sposa divina Mut ed al figlio Khonsu, ma con costruzioni erette in onore di Montu, di Osiride e di Ptah, costituisce il più colossale complesso monumentale della religione egiziana. Per duemila anni i faraoni (Tuthmosis I, regina Hasepsowe, Tuthmosis III e Ramesse III) vi restaurarono, ampliarono ed edificarono unenorme quantità di templi, santuari, cappelle, piloni e stazioni processionali. K. resta un eccezionale coacervo di edifici religiosi di insuperabile imponenza, ma manca di unità stilistica e di organicità di pianta, a causa del lungo periodo di tempo (oltre mille anni) durante il quale ogni sovrano volle modificare ed aggiungere nuove sostituzioni al complesso principale della divinità dinastica.
Kasher: Termine ebraico avente il significato di adatto, indicante i cibi e gli oggetti ammessi dalla legge biblica. Non sono K., e sono quindi proibiti, tra gli altri, il sangue, i suini, i molluschi, il latte mescolato alla carne, i tessuti misti di lana e lino, limpiego di libri sacri rovinati.
Kebra Nagast: Racconto
etiopico considerato sacro dagli ebrei falasha dellEtiopia, il cui nome in geez
significa Gloria dei re. Viene attribuito a Yeshaq di Axum, e pare sia stato
scritto durante il regno di Amda Syon I, intorno al 1314-1322. Si tratta di un
rifacimento di una redazione arabo-persiana di un racconto copto (VI secolo) di probabile
origine egiziana. Lopera intende glorificare la dinastia etiopica dei Salomonidi,
nella persona di Menelik I, fatto discendere direttamente dal re di Israele Salomone e
dalla mitica regina di Saba, dei quali viene diffusamente narrato lincontro.
Kedyet: Nome egizio con il quale si identificava la corona bianca dellAlto Egitto, che abitualmente ornava il capo del dio Osiride. Forse costituita da giunchi intrecciati, pelle o tela di lino, si presentava come una tiara stretta in punta (v. Corona Egizia).
Kènosis: Termine derivato dal greco cenoz, vuoto, che ella teologia cristiana indica lo svuotamento dei propri attributi divini effettuato dal Cristo al momento dellincarnazione (v.). Il passo neotestamentario che sta alla base della K., rappresentato dalla Lettera di Paolo ai Filippesi 2, 5-11 ("Abbiate in voi stessi gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo, e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte, ed alla morte di croce"), durante i secoli XVI e XVII è stato oggetto di diatribe teologiche tra kenotici, i sostenitori della K., e critici. La polemica venne poi ripresa nel XIX secolo da teologi quali Thomasius, Hofmann, Frank ed altri ancora.
Khandha: Termine derivato dal sanscrito, avente il significato di massa. Nella tradizione buddhista indica i vari elementi che, aggregandosi, costituiscono un insieme. Quelli componenti un essere umano sono cinque: · 1) rupa, lelemento materiale; · 2) vedana, le sensazioni; · 3) sanna, le percezioni; · 4) samkhara, la nazionalità; · 5) vinnanza, la coscienza.
Kharigiti: Dallarabo al-Khawarig, da Karaga, uscire, ribellarsi, è la più antica setta islamica considerata eretica. Si separò (657) quando il quarto califfo Alì ibn Abi Talib scese a patti con Muawiyya, fondatore degli Ommayyadi (658). Fanatici e puritani, i K. riconoscevano soltanto i primi quattro califfi "ben guidati", rifiutavano la giustificazione per la sola fede e propugnavano leleggibilità al califfato di qualsiasi musulmano. Organizzarono molte insurrezioni contro gli Ommayyadi ed i primi Abbasidi, e fondarono il regno dei Rustemidi nellAfrica settentrionale. I K. sopravvivono tuttora nella ramificazione degli Ibaditi.
Khepri: Denominazione dello scarabeo sacro dellantico Egitto, in genere raffigurato nellintestazione di papiri o di importanti raffigurazioni geroglifiche. Trattiene tra le zampe anteriori il disco solare, ed è munito delle ali del falco. Già venerato in epoca antichissima, venne imposto come divinità solare dal clero di Eliopoli. La radice del suo nome indica il verbo sorgere, ed è rappresentato in forma umana con uno scarabeo sul capo, oppure antropomorfo con corpo umano e testa di scarabeo. Nella ritualità funeraria lo scarabeo del cuore era un amuleto deposto sulla mummia in corrispondenza del cuore; sul ventre recava inciso il capitolo XXX oppure il capitolo LXXV del "Libro dei Morti".