Maestro Venerabile: Dignitario designato alla dirigenza della Loggia massonica, corrispondente al Fuoco primo, allo " y " (Iod) del Delta Luminoso, al fuoco creatore, al seme maschile senza il quale non esiste la vita e, analogicamente, non può esservi Loggia né Lavoro massonico. Nel M.V. confluiscono tutte le energie della Loggia, ed a lui dev’essere fornito l’appoggio necessario per la costante produzione del Fuoco creatore e della Luce, la cui concretizzazione risulta evidente nelle cerimonie di Iniziazione, nei passaggi di grado e nello stesso svolgimento dei Lavori. Unitamente ai due Sorveglianti, il M.V. provvede alla manifestazione unisona e costante del fuoco nella sua triplice qualità fisica, animica e spirituale. Nell’ambito della terna di fuoco (v.), la collocazione del M.V. nel Fuoco primo di Ariete rappresenta la prima qualità di tutti i dodici segni zodiacali, e di tutta la Loggia, per cui egli identifica il Principio. Tenendo conto della corrispondenza analogica del linguaggio alchemico tra la Loggia, l’Uomo e l’Athanor, la Loggia può essere definita un Fuoco a riverbero, che occorre alimentare a "giusto regime di Fuoco". Y (G.O.I.) Il M.V. ispira, presiede, governa e rappresenta la Loggia; nell'esercizio del magistero iniziatico la sua autorità è sacra ed inviolabile. Egli svolge gli atti rituali di sua competenza, esegue, con la collaborazione dei Dignitari e degli Ufficiali, le deliberazioni adottate dalla loggia, ed è responsabile dell'esecuzione delle deliberazioni degli Organi del Grande Oriente. Può essere eletto fra i fratelli che abbiano non meno di tre anni di anzianità nel Grado di Maestro e che abbiano ricoperto una carica di dignitario per almeno un anno, Rimane in carica un anno, e può essere eletto tre volte consecutivamente. Alla scadenza del suo mandato, non può essere rieletto M. V. nel triennio successivo, in nessuna Loggia della Comunione. La carica di M.V. è incompatibile con quelle di componente la Giunta del Grande Oriente d'Italia di cui al successivo art. 34, di Consigliere dell'Ordine, di Grande Architetto Revisore, di Ispettore di Loggia, di Giudice del Tribunale Circoscrizionale e di Giudice della Corte Centrale (Art. 20 della Costituzione dell'Ordine). Sono attribuzioni del M.V.: a) celebra le Iniziazioni e gli aumenti di Grado, provvede alle riammissioni ed alle affiliazioni; in tali funzioni egli può essere sostituito unicamente dall'ex M.V. o, in caso di sua assenza, da un Fratello che abbia ricoperto la carica di M.V.; b) presiede tutte le riunioni di Loggia; in sua assenza è sostituito dal Primo Sorvegliante e, se anche questi non è presente, dal Secondo Sorvegliante; c) partecipa alle Sessioni della Gran Loggia, ed in caso di suo impedimento, è sostituito da un Fratello che abbia rivestito la carica di M.V. o, in mancanza, da un Dignitario di Loggia designato dalla Loggia; d) partecipa alle tornate del Collegio Circoscrizionale ed alle sedute del Consiglio dei M.V., ed in caso di suo impedimento è sostituito da un Fratello Maestro da lui designato; e) nomina il Segretario fra i fratelli Maestri; f) designa di volta in volta i Fratelli incaricati di sostituire i Dignitari od Ufficiali titolari eventualmente non presenti ai Lavori di Loggia; g) veglia sul comportamento massonico dei Fratelli in Loggia e nella vita profana, ed ha diritto di essere informato dai Fratelli su quanto venga loro a conoscenza sulla Massoneria in generale, la Loggia ed i Fratelli in particolare; h) tiene i rapporti con tutti gli Organi del Grande Oriente d'Italia; firma tutti gli atti e la corrispondenza della Loggia; i) dà esecuzione ai provvedimenti che attengono alla Loggia od ai Fratelli; l) nomina i componenti della Commissione di Loggia di cui è presidente di diritto; Può nominare un Oratore, un Segretario ed un Tesoriere aggiunti scelti tra i Fratelli Maestri; m) dispone del Tronco della Vedova; n) cura il ritiro della tessera, nonché delle carte e degli oggetti che i Fratelli passati all'Oriente Eterno, assonnati, depennati od espulsi avessero in consegna per conto della Loggia. Il Maestro Venerabile, che cessa dalla sua carica alla normale scadenza, assume il ruolo di ex Maestro Venerabile per il periodo in cui il suo successore rimane in carica.

Magi: Sacerdoti della religione iranica primitiva, le cui attribuzioni restano incerte. Secondo Erodoto (1, 101) formano una delle sei classi dei Medi (v.). Costituitisi in casta religiosa, passarono al zoroastrismo (v.), dopo averlo combattuto all’epoca di Dario il Grande, e probabilmente compirono l’opera di codificazione dell’Avesta. Secondo le fonti tarde greche e romane, i M. furono astrologi, indovini e fattucchieri (v. Magia). Nel Nuovo Testamento (Matteo 2, 1-12) sono ricordati i M. d’Oriente, giunti a Betlemme per onorare Gesù appena nato con l’offerta di oro, incenso e mirra. Matteo scorge nell’avvenimento l’avverarsi di antiche profezie (Isaia 60, 6: Salmi 72, 10; Numeri 24, 17). Una profezia zoroastriana annunciava la venuta del Saosyant (salvatore). Il numero dei m. dopo essere oscillato da 2 a 12 (presso Siri ed Armeni), in successive elaborazioni della leggenda venne fissato a tre. Ai M. venne in seguito attribuito il titolo di re (VI secolo d.C.), nonché i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre (IX secolo). Secondo il Guenon (Il re del mondo, Ediz. Adelphi, 1982), essi rappresentavano i tre capi dell’Agarthi (v.), il fulcro iniziatico del mondo. Il Mahanga, la base del triangolo iniziatico ed il potere regale, offre al Cristo l’oro, e lo saluta come Re; il Mahatma, che rappresenta il potere sacerdotale, gli offre l’incenso, e lo saluta come Sacerdote; infine il Brahatma, cui appartiene la pienezza dei due poteri sacerdotale e regale, gli offre la mirra, balsamo di incorruttibilità, immagine dell’Amrita degli Indù o dell’Ambrosia dei Greci, e lo saluta come Profeta, o sommo Maestro Spirituale per eccellenza.

Magia Odinica: Tuttora praticata, vede impegnati operatori maschi detti Godis, e donne druidesse (vergini) denominate hallouines, in inglese Halloweens (v.). Si riuniscono periodicamente in un cerchio sacro (una radura) e, attraverso vari procedimenti rituali segreti cercano di captare le onde odiniche "sulla frequenza verde", grazie alla famosa Tavola di Smeraldo (v.). Queste radiazioni distribuirebbero sulla superficie terrestre innumerevoli particelle, o "quanta" mikelliani (da Mikil, la cosmica vergine madre), che sarebbero una forma speciale di elettricità statica. Tali particelle viaggerebbero e si raggrupperebbero in determinati luoghi, concentrandosi prima e dissolvendosi poi in diverse direzioni. Allorché si concentrano in spazi ristretti, provocherebbero perturbazioni temporalesche. I godis saprebbero come concentrare tali onde in un punto preciso, e riuscirebbero a provocare uragani magici. Dopo diverse operazioni, verrebbe prodotto un campo antigravitazionale, che permetterebbe alle hallouines di liberarsi dagli effetti del fenomeno. L’Angebert, nel suo Libro delle Tradizioni (Ediz. Mediterranee, 1980), dà la descrizione di una cerimonia odinica tenutasi ai giorni nostri nell’isola di Jersey: "Onde invocare la grande vergine cosmica Mikil, si debbono mettere in azione le forze magiche del flusso odinico. Il giorno stabilito, oltre 300 Godis e mar-gygzars (vergini sacerdotesse del mare) provenienti da Normandia, Norvegia ed Islanda si radunano nel punto prestabilito. Le tre hallouines di Lisieux, di Caen e di Evreux sono preposte all’organizzazione delle danze magiche d’invocazione. Lo stor-godi sale sul grande dolmen magico e runico, e soffia nel mot-born (corno) per annunciare l’inizio delle cerimonie degli incantesimi magici. I galdra-gygzars formano il cerchio magico, ed iniziano la danza rituale. Dopo le preghiere rituali recitate in norvegese antico ed in asi, lo stor-godi imbocca la galdra-ludr (tromba magica) modulando appelli magici per evocare la grande vergine Mikil dallo scudo rosso e dall’ampia veste verde, onde manifestare la sua presenza con l’apparizione della nube verde, ed è quanto avviene nello spazio di qualche minuto. Allora le preghiere rituali vengono recitate a memoria dalle hallouines, dalle vergini del mare e dai godis. Quindi il coordinatore liturgico ordina di spingere nel cerchio magico tredici maiali, che portano al collo collane di mele intrecciate, su cui sono scritti in runico (v.) i nomi dei condannati a morte. Le cerimonie del sonar-blot iniziano subito dopo con la danza magica delle vergini sacerdotesse, mentre prendono vigore gli incanti rituali rivolti ad Odino ed alla sorella Mikil. Nel frattempo nel valland tutte le hallouines ed i godis fungono da relais e ritrasmettono le onde formatesi. Alle preghiere segue il grande silenzio dei Tempi Antichi. Lo stor-godi si alza sul dolmen imboccando la galdra-ludr, e modula in direzione del valland potenti note magiche (ultrasuoni) lanciate contro i persecutori. Costoro cadono allora vittime di gravi malattie. Infatti, nel contempo, il vigslumadr (sacrificatore) uccide con le sue frecce tutti i maiali. Al termine della cerimonia viene liberato l’airone sacro, verso la nube verde, per invocare l’intervento di Mikil per vendicare i perseguitati. Poi si sacrifica il blot-naut, o toro sacro. La cerimonia si conclude con il tradizionale blot-votzla, o banchetto sacrificale, degli iniziati ed iniziate odinici, il cui rituale fu introdotto in Normandia dalle sacerdotesse sassoni, e confermato da San Lo, vescovo di Avranches". Nell’insieme si tratta di un complesso rituale, saturo di misteri e di atti simbolici, pregno comunque di un’impressionante allegoria evocante una profonda sacralità.

-Magia: Ermete Trismegisto, nella sua Tavola di Smeraldo (v.), insegna che quanto è nel piccolo è pure nell’immenso, così come che nel basso c’é quanto esiste nell’alto, confermando così in pieno l’identità della natura umana con quella divina. L’Alchimia sostiene la possibilità per l’uomo di maturare sul piano spirituale, di arricchire la propria coscienza, di evolversi insomma, conseguendo attraverso il complesso processo detto di "trasmutazione" una condizione superiore a quella normale che, "se" opportunamente realizzata, implica natura e capacità superiori, definite "superumane". Al superuomo, risultante dalla realizzazione del cosiddetto Oro alchemico, sarebbero concesse facoltà che potremmo definire "angeliche", facoltà molto prossime a quelle divine. Dal tempo dei tempi la storia evidenzia personaggi, per lo più di natura misteriosa, che si sono imposti all’attenzione dell’umana gente per le loro capacità di realizzare quanto era irrealizzabile da parte dell’essere umano normale. Dall’antica Persia ci perviene addirittura la conoscenza di caste sacerdotali zoroastrali (v.), i cui membri erano chiamati "Magi", sacerdoti dotati di poteri eccezionali acquisiti per via iniziatica attraverso lo sfruttamento di filosofie e pratiche particolari, poteri che li rendevano capaci di operare veri e propri miracoli. Tre di questi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, li ritroviamo circa 2000 anni orsono sulla scia dell’astro luminoso, che li avrebbe condotti all’adorazione del neo incarnato Cristo nella capanna di Betlemme. Un’evidente dimostrazione di saggezza, palesata dall’offerta di oro, incenso e mirra, forse per meglio sottolineare l’inferiorità dello stesso superuomo allorché confrontato con il suo Creatore, con Dio. L’Uomo spiritualmente evoluto, quindi privo di vizi e ricco di virtù, si trova proiettato verso la piena identificazione con il suo Creatore: egli é dotato di immense limitazioni nel suo cosiddetto "libero arbitrio", in quanto è guidato da una coscienza che esclude in assoluto il male. È un altruista (v.) allo stato più puro, quindi é disinteressato alle cose materiali, fama e danaro compresi, ed agisce soltanto sotto il segno dell’Amore, che è esclusivo dare. Nessun ostacolo può frapporsi tra costui e l’attuazione del prodigio. Ecco definito il vero ed unico mago, capace davvero di realizzare quanto di norma è esclusivo potere divino. Sublimi esempi di Sant’Uomini, non necessariamente di fede cristiana, ci sono noti attraverso la storia o la stessa cronaca dei giorni nostri. Certo, non vanno né possono essere considerati alla stessa stregua del Cristo che, grazie alla sua natura direttamente divina, poteva permettersi di compiere miracoli eccezionali, non certo limitati al caso famoso di Lazzaro, come il giorno in cui "Si recò in una città chiamata Nain, seguito dai discepoli e da una gran folla. Quando fu prossimo alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere". E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!". Il morto si levò a sedere, ed incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre" (Luca 7, 11-15). Visto quanto sia naturalmente fattibile a livello fenomenico, senza il ricorso ad alcun stratagemma, da parte di dirette emanazioni divine, nonché da parte di uomini che non possono essere considerati propriamente normali, almeno in quanto evoluti, iniziati e preparati, passiamo a valutare quanto é consentito fare all’uomo normale medio, nel campo dei cosiddetti "prodigi". Escludendo la considerazione dei fenomeni definiti magici, collegabili in qualche modo alla superstizione di tipo popolare, si constata che una notevole percentuale della M. è passata attraverso millenni da forme irrazionali spesso assurde a precise regole, una trasformazione ancora in corso per l’espansione dell’orizzonte delle scienze sperimentali filosofiche. Gran parte di tali pratiche e credenze va gradatamente eliminandosi, non per effetto di contrasto creato dalla società contemporanea, ma per l’evolversi della cultura, in tutte le classi sociali. Essa permane tuttavia sul piano culturale, come dimostra la nostra letteratura. Si era cominciato da Simon Mago e miseri seguaci, relegati da Dante nella terza bolgia, per andare al Mago Malagigi dei canti cavallereschi al Negromante dell’Ariosto, alla Mandragola del Machiavelli, alla Strega del Lasca, alla Marantega ed alla "bissa bova" delle Donne gelose del Goldoni, alla Cicalata sul fascino di Nicola Valletta, all’Arte magica dileguata del Maffei, al Saggio sopra gli errori popolari degli antichi ed ai Dialoghi di un folletto e di uno Gnomo e di Malanbruno e Farfarello del Leopardi, fino al Mago di Severino Ferrari ed al Forse che si forse che no del D’Annunzio, per finire col Diavolo di Arturo Graf nonché di Giovanni Papini, ed alla Patente di Pirandello, senza dimenticare innumerevoli spettacoli del teatro napoletano, anche contemporaneo. A questo oscuro mondo della superstizione é collegata la diffusione nell’impiego di pseudoesoterici prodotti, noti come talismani e pentacoli (sufficiente pensare al persistente diffuso impiego di corni, di gobbetti e del classico ferro di cavallo), all’ingestione di incredibili bevande chiamate pozioni, nonché alla mai ridotta richiesta di prestazioni divinatorie, quali la chiromanzia, l’astrologia e la cartomanzia. Come dall’alchimia si sviluppa la chimica e dall’astrologia l’astronomia, così nel campo della fisiologia e della medicina la sfera di osservazione si allarga fino a comprendervi molteplici branche da sempre appartenenti alla M. Molti sono ormai i casi in cui la medicina popolare o demojatrica ha aperto la via a scoperte scientifiche. Ad esempio già secoli prima della scoperta di Fleming certe popolazioni primitive (Pellerossa, Boscimani, Indiani dell’Amazzonia, ecc.) usavano la muffa dei funghi per guarire le infezioni da ferite. Ludovico Armani nel suo trattato "Chiromanzia ed Astrologia viste da un medico" (Ediz. Bocca, Milano, 1947), esamina e valuta tali fenomeni dal punto di vista fisiologico, avviando un rapporto di notevole contributo alla scienza medica per lo studio e la comprensione di questi due importanti aspetti del mondo magico e superstizioso. Non va scordato inoltre come la psicanalisi abbia ampliato gli orizzonti scientifici fino a comprendere e spiegare molte caratteristiche manifestazioni magiche e superstiziose, quali l’oniromanzia, i tabù, l’ipnotismo ed il complesso di Edipo. Buona parte dell’opera di Freud penetra nel mondo magico e, ad integrazione dei principi fondati sulle manifestazioni dell’inconscio, è sopravvenuto lo studio etnologico, sulla mentalità dei primitivi., nonché la stessa storia delle religioni. Una ricca antologia ben commentata di tali studi è rappresentata dal volume "Magia e Civiltà" di Ernesto De Martino (Ediz. Einaudi, 1952), che ha avviato una vasta attività di ricerca sviluppatasi recentemente anche in Italia attraverso traduzione e diffusione di varie opere. Citazione a parte merita infine la considerazione che quasi tutti i grandi alchimisti del tardo Medioevo, nell’approfondire i loro studi ed i relativi esperimenti tesi alla ricerca della pietra filosofale (o Mercurio alchemico) ritenuta necessaria alla trasformazione in oro dei metalli vili, si sono ritrovati inevitabilmente immersi nella M. Vi si sono cimentati tutti, conseguendo risultati degni dell’attenzione degli studiosi della materia. Tra questi emblematici personaggi ricordiamo Basilio Valentino, Paracelso, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Arnaldo da Villanova, Raimondo Lullo, Nicola Flamel e Bernardo Trevisano. Indagare sulla realtà della M. significa addentrarsi nel labirinto delle forze occulte della natura (e della vita), ove sarebbe possibile influenzare le potenze soprannaturali (divine e demoniache) che governano l’universo, mediante mezzi naturali (gesti, azioni o parole rituali) o pratiche arcane (occultismo), in virtù dei poteri di cui il mago disporrebbe per eredità o per investitura iniziatica. Alla sua base va considerato il concetto secondo cui l’essere umano potrebbe essere in grado di sottomettere ai propri voleri la complessa fenomenologia dell’universo fisico. Religione e M. sono indubbiamente intercollegati, ma mentre la M. intende soggiogare gli spiriti e le forze del cosmo, la religione si propone di propiziarsele. Esse sono ovviamente basate su opposte forme mentali, l’una coercitiva e l’altra impetrativa. Alla base della M., ammesso e non certo concesso che possa essere considerata scienza, stanno due principi fondamentali e primordiali: "il simile agisce sul simile" (similia similibus) ed "il contiguo agisce sul contiguo" (contigua contiguis). È da tali principi che conseguono, rispettivamente, la M. imitativa (o analogica o mimetico-simbolica od omeopatica) e quella simpatico-contagiosa. La prima si esprime in riti o rituali mimanti atti reali (come certe rappresentazioni di animali realizzate per propiziare una caccia abbondante), la seconda basa la sua presunta efficacia sulla somiglianza tra l’oggetto usato quale strumento rituale e l’oggetto che subirà l’effetto voluto dall’esecutore del rito. Un esempio di M. simpatica è la couvade, diffusa fra gli indiani dell’Amazzonia, nonché in Asia ed Africa, tipico caso di simpatia tra marito mimante le doglie e sposa in travaglio di parto. Esempi invece di M. contagiosa sono il malocchio, la iettatura e la fattura, purtroppo tuttora praticati fino ai limiti della combustione di capelli od unghie, allo strangolamento od allo spillonamento dell’oggetto-vittima, che a distanza dovrebbe subire l’effetto magico. Al caso simpatico si riferiscono anche taluni macabri riti cannibalistici, che prevedono l’ingestione del cuore, del cervello o di altri organi della vittima al fine di sottrarne forza, coraggio, astuzia ed intelligenza. Altro importante tipo di M. è quello evocatorio, basato su complessi riti implicanti l’impiego di parole, formule e tecniche di difesa, tese all’esclusione degli spiriti nocivi, come praticato nei circoli magici dei fattucchieri. Un aspetto particolare di M. simpatica è la M. del nome o della parola, per cui il nome è la sola vera essenza di un individuo, ovvero la sua personalità, cosicché pronunciandolo con esattezza fonico-musicale (ovvero con la corretta intonazione, livello, potenza e timbro) si diventa padroni del possessore del nome. È alla M. della parola che si riconduce tutta la complessa simbologia dei rituali magici impieganti formule misteriche o misteriosofiche, scongiuri e divinazioni. Nel Medioevo venne introdotta la distinzione tra M. bianca e nera. La bianca si propone finalità buone, positive, avvalendosi di mezzi e potenze celesti, anche mediante l’aiuto di talismani ed amuleti adottati con fini terapeutici o prptettivi, mentre quella nera persegue fini malvagi e perversi, ricorrendo alle potenze infernali e malefiche evocate con appositi riti e formule magiche. Queste ultime operazioni sono meglio note sotto il nome di stregoneria, perseguite anche dal braccio secolare attraverso la sua Santa Inquisizione con pene tremende, quali torture ed esecuzioni capitali. I risultati talvolta conseguiti per effetto delle arti magiche (certamente effetto del clima di elevata emotività provocato da riti e pratiche) si ricollegano allo scatenamento di facoltà paranormali (telepatia, chiaroveggenza e telecinesi) presenti nell’operatore allo stato latente e normalmente compresse e vanificate. Nulla è più complesso della mente umana, sia nella forma attiva che in quella passiva: il potere, la capacità di suggestionare è variabile ed ampia almeno quanto quella di essere suggestionati, sia qualitativamente che quantitativamente. La personalità, il potere carismatico di colui che tiene le redini del gioco magico è fondamentale, ed il grado di coinvolgimento di colui che si avvicina alla M. per soddisfare qualche particolare interesse personale, determina di norma il livello dell’effetto ottenuto. Rimane il fatto che quanto più vi si crede tanto più può trasformarsi in evento reale, ed in questa connessione gioca certo un ruolo determinante il livello culturale (oltre che l’evoluzione) di quanti vi si accostano, indipendentemente dal fatto che lo si faccia per semplice curiosità o per scopi personali ben definiti. Anche qui resta valido il principio per cui nel dubbio è sempre meglio non correre rischi, e gli studiosi concordano nel sostenere come questi esistano sicuramente. La M. rappresenta il campo d’azione di ciarlatani e malfattori, speculatori criminali della peggiore specie, dato che vivono sfruttando le masse di poveri ed inermi creduloni che si rivolgono loro sotto la spinta della speranza o della disperazione. Da una parte quindi la sete di potere e di danaro, la presunzione, l’arroganza, la falsità, la smania coercitiva e la volontà di sopraffazione; dall’altra l’ignoranza, la credulità e la faciloneria, parti estreme e complici fenomenici che si ritrovano comunque in un comune denominatore: l’involuzione. Y (Massoneria) L'Istituzione si definisce erede di tutte le più antiche Tradizioni, ed i rituali comprendono certo eventi magici del tipo simpatico. I simboli e le allegorie adottati stimolano la fantasia e facilitano il coinvolgimento dei Fratelli presenti ai Lavori. Anche qui il livello di partecipazione, e lo sfruttamento dei benefici ottenibili nel corso di essi, dipendono dalla Fede del singolo. È atto magico la squadratura del Tempio che precede l'apertura dei Lavori, determinante nella consacrazione del Tempio, effettuata volgendo il lato spirituale del corpo (cuore, o lato sinistro) alle tre luci che, allorché accese, confermano l’avvenuta apertura della Loggia. Altro atto magico è la Catena d’unione o d’Amore, nel corso della quale si consegue un potente interscambio energetico (definito filo d’argento) che consente di indirizzare pensieri e forze verso colui al quale la catena stessa é stata dedicata dal Maestro Venerabile prima della sua chiusura. È atto magico anche la stessa posizione che si è chiamati ad assumere nel corso dei Lavori, la cosiddetta posizione di Rah, in cui si realizza il collegamento energetico di tutti gli organi del corpo, onde attivare al massimo l’attenzione, e quindi ottenere la più intensa partecipazione possibile alla realizzazione dell’armonia della Loggia. Che dire infine del potere riservato al solo Maestro Venerabile, di conferire l’Iniziazione al profano e di concedere aumenti di salario ai Fratelli Apprendisti e Compagni d’Arte: é un potere di natura magica, conseguito attraverso la consacrazione alla massima carica dignitaria della Loggia.

Maglietto: Nel lavoro compiuto su se stesso dall'Apprendista, il M. è l'emblema della volontà manifestata nell'esecuzione del suo compito. Senza la volontà, non è possibile spogliare cuore e mente dai vizi, dai pregiudizi, dagli errori e dalle ipocrisie che, in varia misura, ognuno ha in comune con il resto dell'umanità. Con la volontà si rimuovono tali ostacoli naturali e si superano le difficoltà. Il M. è simbolo dell'intelligenza che agisce, persevera e sempre controlla l'azione e la parola. Il M. è utensile attivo, ed è l'emblema della logica, senza la quale è impossibile il discernimento giusto e razionale. Esso rappresenta la maestà del potere iniziatico insito nella Libera Muratoria, e la saggezza della Luce emanata dall'Oriente della Loggia attraverso la mediazione del Maestro Venerabile, coadiuvato dai due Sorveglianti. Pure dotati di M.: è quindi anche volontà di ben fare ed autorità per ben dirigere tutti i Lavori dell'Officina.

Magna Charta Libertatum: Documento rilasciato a Rennymedes dal re d’Inghilterra Giovanni senza Terra ai baroni il 15 giugno 1125. Articolata in 63 articoli, la M. Charta conteneva una serie di concessioni del sovrano, che costituivano però privilegio esclusivo dell’aristocrazia. La risonanza che il documento ebbe nei secoli successivi, ed al di fuori dell’Inghilterra, è tuttavia giustificata da un fatto inconfutabile: la M. Charta fu la prima concessione che i cittadini inglesi ottennero dal loro sovrano, e come tale segnò l’inizio dell’inarrestabile decadenza del re come monarca assoluto. Quindi la sua importanza va ben oltre il suo reale contenuto, costituendo un precedente fondamentale ed un punto di riferimento costante per tutte le successive rivendicazioni. Il riferimento ad essa delle moderne libertà individuali inglesi si giustifica con la progressiva evoluzione verificatasi in Inghilterra, per cui le istituzioni feudali consacrate nella M. Charta si trasformarono nelle istituzioni politiche costituzionali moderne. Venendo al testo del documento, esso costituisce nel suo complesso una sorta di compromesso tra il re ed i baroni, temperando i poteri del primo attraverso i diritti dei secondi. In sostanza Giovanni si vedeva costretto a rinunciare al tentativo perseguito nei precedenti anni di regno: quello cioè di governare con la forza, senza tenere in alcun conto il consiglio e la volontà dei suoi sudditi. Doveva piegarsi a rimettere in vigore i diritti concessi dai re normanni ed a garantire le libertà individuali. Apponendo il proprio sigillo alla M. Charta, re Giovanni prendeva atto del fatto nuovo, per cui nessun uomo, nemmeno il re, poteva porsi al di sopra delle leggi. Una importantissima e fondamentale pietra miliare nel concetto costituzionale, valido sia per il XIII secolo che per i secoli successivi. Nel 1779 John Adams lo espresse così: "Un governo fatto di leggi, e non di uomini".

Mago Merlino: La denominazione Merlinus venne utilizzata per la prima volta da Geoffrey di Monmouth nell'Historia Regum Britanniae, nelle Prophetiae Merlini e nella Vita Merlini, ma il personaggio era già noto nelle tradizioni celtiche come Myrddyn, dal nome della città di Caermyrddyn dov’era nato. Nella latinizzazione, Geoffrey sostituì la /d/ con una/l/, altrimenti ne sarebbe uscito un appellativo escatologico. Il M. storico visse probabilmente nel VI secolo; sarebbe stato un Bardo gallese, identificato da alcuni storici con un altro famoso Bardo, Taliesin, specializzato in testi profetici. La sua vita, almeno secondo le incerte cronologie del basso medioevo, fu incredibilmente lunga, tanto che certi commentatori ritengono che siano esistiti due Merlini diversi. Myrddyn era stato infatti consigliere di Re gallese Vortirgern, personaggio storico che regnò intorno alla metà del V secolo e, oltre cent'anni dopo, aveva combattuto a fianco di Re Gwenddolau contro Rhydderch il Generoso nella perduta battaglia di Arfderydd (575). Vuole la tradizione che il mago, impazzito dal dolore per la sconfitta, si fosse di seguito ritirato in una foresta per non mostrarsi più tra gli uomini. Della produzione letteraria di Merlino resta un solo frammento dell'opera Afallenau: la strofa di una profezia in un arcaico dialetto gaelico che nessuno è mai riuscito a tradurre: "Saith ugein haelion a aethant ygwyllon - yng koed Kelydon y daruyant: kanys mi vyrdin wedy Taliessin - Byathad kyffredin vyn darogan". Fu il Vescovo Alessandro di Lincoln a richiedere a Geoffrey di "prophetias Merlinide Britannico in latinum transferre", ovvero di tradurre le profezie dal gaelico al latino. Difatti le Prophetiae Merlini (che, molto probabilmente, l'autore aveva reinventato) sono precedute da una dedica all'alto prelato. Forse proprio grazie all'autorità del committente, la Chiesa Cattolica considerò M. un profeta cristiano e degno di rispetto; del resto, nella saga arturiana, è proprio il mago a innescare il processo che permette al dio Unico di cacciare via i molti Dèi celtici (una frase è tratta dal film Excalibur). Secondo Geoffrey, i poteri magici di M. avrebbero avuto un’origine diabolica. Un’assemblea infernale, racconta la Vita Merlini, ordisce un complotto per generare una sorta di Anticristo destinato a diffondere il male nel genere umano. A questo scopo, la figlia di un ricco mercante viene posseduta nel sonno da un incubo, ma rivela quanto è accaduto al suo confessore. Questi traccia sul suo corpo il segno della croce, cosìcché, quando il bimbo nasce, è irsuto come un demone, ma non ha il desiderio di fare del male. Dal padre Satana, M. ha ereditato la capacità di conoscere il passato; Dio stesso, attraverso la madre, gli ha conferito il potere di prevedere il futuro. Molti anni più tardi, diventa consigliere di Re Vortingern che libera da due draghi, poi di Re Uther Pendragon. Questi si innamora della virtuosa Ygerne, moglie del Duca di Tintagel, la quale non ricambia le sue attenzioni. Il mago fa allora in modo che il suo protetto assuma magicamente l’aspetto del Duca: così, grazie a questo inganno, Uther concepisce Artù (v.), che Merlino prende sotto la sua tutela finché diviene Re dei Britanni. Dopo l'unificazione dell'Inghilterra, M. rivela al sovrano la sua missione più importante, la ricerca del Santo Graal (v.). Viene poi imprigionato in una tomba di cristallo da Nimue o Viviana, la Signora del Lago (da alcuni unificata con Morgana); ma dopo la morte di Artù continuò a vivere su un altro piano. Secondo Geoffrey, M. è anche il responsabile della presenza del complesso megalitico di Stonehenge (v.) nella piana di Salisbury, dove l'avrebbe lui stesso trasportato per mezzo delle sue arti magiche.

Mahayana: Termine sanscrito dal significato di Grande Veicolo, che identifica una delle due grandi correnti (l’altra è l’Hinayana, v.) in cui si divise il buddhismo (v.). Sorse nel I secolo d.C., avendo come precursori i Mahasanghika (da maha, grande, e sangha, comunità), i quali si scissero dai Theravadin (dal pali thera, anziano) durante il concilio di Vaisali (383 a.C.). Il M. è detto anche buddhismo settentrionale, in quanto si è diffuso in Tibet, Mongolia, Asia centrale, Corea e Giappone, e conta oggi oltre 450 milioni di fedeli. Il suo nome (Grande Veicolo) indica l’intenzione di guidare alla salvezza la maggior parte delle persone. A questo proposito nel M. è importantissima la figura del Bodhisattva (colui la cui essenza è illuminazione) il quale, a differenza dell’Arhat del Hinayana che allorché entrato nel Nirvana (v.) non ne esce più lasciando l’umanità al suo destino, giunto alle soglie del Nirvana vi rinuncia per continuare ad incarnarsi, fino a che tutti gli esseri umani si siano salvati. I poli sui quali si fonda la missione spirituale del Bodhisattva sono la sapienza (prajna) e la compassione (karuna) per gli esseri soggetti al samsara (flusso ininterrotto di nascite e morti, v.). Altro concetto principe del M. è quello del bodhi (illuminazione), che non è data da un movimento che parta da un punto (la personalità empirica) per giungere ad un altro (la realtà assoluta), ma è un puro atto di autocoscienza, per mezzo del quale l’uomo arriva ad intuire di avere come propria essenza la bodhi stessa. Questa consiste dunque nell’intuire di essere bodhi; e la bodhi si attua nel sunja (vuoto), che indica il venire meno nel mondo fenomenico, colto quale supporto irreale ed inessenziale. All’interno del M., dalla metà del II secolo d.C. fino al VI, si svilupparono due orientamenti principali: quello della dottrina del mezzo (Madhyamaka o Madhyamika) e quello della scuola Yogacara, detta anche della dottrina della coscienza (Vijnana-vada). Sul fondamento filosofico elaborato da queste scuole sorsero fra il VII e l’XI secolo varie sette a carattere gnostico, quali il Vairayana (Veicolo adamantino), il Kalacakra ed il Dhyana (Meditazione, Zen in Giappone, Ch’an in Cina), che costituiscono insieme il Tantrismo (v.) buddhista, il quale si diffuse ampiamente in Tibet, Nepal, Cina e Giappone.

Mahdi: Termine arabo dal significato di ben guidato, che definisce un personaggio messianico che, secondo una credenza sorta presso gli Islamiti in epoca omayyade, apparirà per sterminare gli infedeli e ristabilire la giustizia. Fra quanti si proclamarono M. nel decorso dei secoli, vi è Mohammed Ahmed (1844-1885), capo politico religioso sudanese, che organizzò dal 1881 alla morte la resistenza del suo popolo alla dominazione egiziana prima ed alla penetrazione coloniale britannica poi. Morì poco dopo l’importante conquista di Kartum. I suoi seguaci continuarono per qualche tempo la lotta, e furono definitivamente sconfitti solo nel 1898 dal corpo di spedizione guidato dal generale inglese Kitchener.

Maja: v. Atman.

Malachia: Dall’ebraico mal’akhi, mio inviato o mio messaggero, è il nome attribuito all’ultimo dei profeti minori. La tradizione ebraica non conosce alcun personaggio con questo nome, per cui non si tratta di un vero e proprio nome., ma di un titolo (Malachia 1, 1 e 3, 1). Il Libro di M., che si apre con l’affermazione dell’amore di Yahweh per Israele (1, 2-5), si divide in sei parti, di cui tre costituiscono invettive contro la degenerazione dei sacerdoti (1, 6; 2, 9), i matrimoni misti (2, 10-16) e l’omissione del pagamento delle decime (3, 6-12). Nelle altre parti è ripetuto l’annuncio del giorno del Signore, in cui sarà ristabilitala la giustizia tra i popoli (2, 17; 3, 5). Chiude le profezie l’annuncio della venuta del profeta Elia (3, 22-24). Come i libri dei profeti Aggeo e Zaccaria, M. riflette il punto di vista profetico postesilico (dopo il 538 a.C.), nello spirito di repressione dei peccati e di affermazione dei legami tra Dio ed il popolo di Israele. Si ritiene sia stato scritto nel V secolo a.C., quando il Tempio era già stato ricostruito (516 a.C.), e la Giudea si trovava ancora sotto il dominio persiano.

Mana: Termine polinesiano indicante una forza sovrumana ed impersonale che risiede in uomini, animali e cose. Essa può manifestarsi sia beneficamente che maleficamente, ed essere indirizzata nel senso desiderato attraverso pratiche magico-religiose, come riti e sacrifici. Il concetto di M. è presente anche presso altre popolazioni a livello etnologico: orenda (Irokesi), oki (Huroni), zeni (indigeni delle Antille), baraka (Maroccco), meghe (pigmei Mbuti), wakan (Sioux) e manitu (Algonchini). Presente anche notevoli affinità con il Sakti delle religioni indiane. Secondo Eliade (Trattato di Storia delle religioni, Ediz. Boringhieri, 1970), "Il M. è la forza arcana e dinamica posseduta da alcuni individui e, in genere, dalle anime dei defunti e da tutti gli spiriti. L’atto grandioso della creazione cosmica è stato possibile solo attraverso il M. della divinità".

-Mandala: Termine sanscrito avente il significato di cerchio, con il quale viene identificato ognuno dei dieci libri in cui è diviso il Rg-Veda (v.), il più antico testo sacro indiano. Nell’accezione più comune è u diagramma, simbolo di una divinità, sul quale il discepolo medita per realizzare nel suo intimo l’essenza della stessa divinità. Assegnato al discepolo dal maestro (guru), esso consiste in una raffigurazione ordinata attorno ad un centro, ed è formato da un quadrato, dipinto su un panno o disegnato con terre colorate sul pavimento, con al centro una divinità. Anche nel Lamaismo (v.) e nello Yoga (v.) tantrico il M. è un circolo rituale o magico usato nello Yantra, ossia è strumento di contemplazione. Nel loro uso culturale i M. sono forme tradizionalmente stabilite che non solo vengono disegnate o dipinte, ma sono anche formate con i corpi in determinate festività. Nel Tibet si distingue tra il khilkor, ovvero il M. comune, creazione libera nell’ambito della struttura tradizionale di cerchio inserito in un quadrato, ed il sidpe-korlo, che è propriamente la rappresentazione simbolica a quattro cerchi concentrici della ruota dell’universo. Il M. non è un elemento esclusivo della coscienza magica hindu-buddhista, ma si trova anche in altri ambiti culturali. Rivestono così funzioni di M. gli specchi cinesi a LTV, le rappresentazioni simboliche sui tamburi sciamani, il palazzo reale persiano, il tempio e la città antica, costruiti secondo norme sacre. Il concetto di M. nel suo valore di centro religioso e psichico è stato introdotto nella cultura occidentale da C.G. Jung (v. Croce celtica od Ordine di Eri).

Mandeismo: Termine derivato da Manda Hyya (il Salvatore), che indica un’antica corrente religiosa mesopotanica, tuttora seguita da circa 10.000 aderenti. Si tratta di una dottrina fondata sui principi del Giudaismo, del Cristianesimo e del Mazdeismo, avente carattere gnostico-dualistico. Predica l’esistenza di due grandi Entità, quella del Bene o Luce, e quella del Male o Tenebre, contornate da una gerarchia di spiriti buoni e cattivi. Praticano il battesimo (v.) per triplice immersione, considerato mezzo di purificazione e di liberazione da ogni peccato. Sono anche conosciuti come Nazorei, Sabei e Cristiani di San Giovanni Battista, ed il loro libro sacro è il Ginza (Tesoro). Secondo l’Ambesi (I Rosacroce, Ediz. Armenia, 1976), "Il M. per certi aspetti può considerarsi una sorta di prefigurazione del Manicheismo (v.). Sembra infatti che Mani ricevesse da padre un’educazione religiosa di stampo mandeo. Il M. si richiama alla predicazione di San Giovanni Battista, considerato l’ultimo inviato delle acque chiare, celestiali. Da qui gli altri nomi con cui sono conosciuti i seguaci di questa fede. Definirli Cristiani di San Giovanni è però errato, non avendo le dottrine mandee alcunché di cristiano. Anzi i sacerdoti mandei hanno sempre mantenuto un atteggiamento aspramente polemico nei confronti del Cristianesimo".

Manetone: Storico e sacerdote egiziano del III secolo a.C. Durante il regno di Tolomeo I Soter egli collaborò a gettare le basi del culto di Serapide (v.). In seguito e dopo il 280 a.C., durante il regno di Tolomeo III Filadelfo, scrisse un’opera che dal XIX secolo in poi sarebbe diventata di eccezionale interesse storico, la Aiguptiaca, una storia dell’Egitto estesa fino alla dominazione persiana, purtroppo tramandataci solo per frammenti ed in riassunti redatti da vari altri autori postumi. Infatti Giuseppe Flavio ne riportò alcuni passi nel suo Contra Apionem, mentre Giorgio Sincello inserì nella sua Cronographia (ca. 800 d.C.). la cosiddetta Epitome, con poche notizie di carattere storico ma soprattutto con gli anni di regno dei singoli sovrani. L’opera di M. in un primo tempo fu ritenuta unicamente fantasiosa, ma in seguito è stata rivalutata dalle numerose scoperte ed iscrizioni su monumenti, stele e papiri. Oggi essa fa parte delle fonti ufficiali per la ricostruzione della storia dell’antico Egitto, in cui la suddivisione manetoniana in dinastie è rimasta tanto valida da essere sfruttata correntemente dagli studiosi di egittologia.

Mangla: pseudonimo di Luigi Manglaviti. Storico contemporaneo, completamente autodidatta, da saggista ha prodotto (in proprio) tre studi fondamentali: “Cerco il Figlio” (2011), la più estesa e approfondita ricerca mai pubblicata sul Gesù storico; “Dossier Templari Graal” (2008), l’accurato “debunking” demistificatorio sulle due più famose vicende medievali, troppo spesso tirate in ballo a sproposito dai sedicenti esoteristi (in particolar modo massoni) moderni; e “Il Sudario da Vinci®”, lo studio a 360° sulla «più sconosciuta opera di Leonardo», la Sindone conservata a Torino. Partito con iniziale passione nei suoi studi sapienziali, attraverso le sue scoperte in autonomia ha via via maturato uno spiccato scetticismo — comprovato del resto da ricerche e documenti inoppugnabili — sull’intera materia della “Tradizione”. La sua visione è oggi riassumibile così: «La tradizione iniziatica millenaria, i Templari, il Graal, i Rosacroce, i Catari, la discendenza di Gesù, il Priorato di Sion... tutta una gigantesca e ben articolata frottola per creduloni, utile solo ad arricchire autori e case editrici dello specifico filone editoriale, e a fornire argomenti in seno alle logge per passare le serate, le quali altrimenti trascorrerebbero con i fratelli a girarsi i pollici senza sapere bene cosa fare».

Mani: Termine derivato dal latino Manes che, presso gli antichi Romani, definiva gli spiriti dei defunti che vagavano sulla terra. Se benigni erano detti Lares (Lari), se maligni Larvae (Larve) o Lemures (Lemuri). I diritti dei M. erano inviolabili (Deorum Manium iura sancta sunto, XII Tavole, V secolo a.C.). Invocati anche come inferi, sancti, sacri, casti, pii, ecc., i M., dapprima considerati affini alle divinità infernali, più tardi, in età augustea, come anime degli antenati, godevano di culto familiare, ed erano particolarmente festeggiate nelle Parentalia (13-20 febbraio). Il Pascal, nella sua opera Le credenze d’oltretomba (vol. I, Ediz. Paravia, 1936), così scrive: "Se la religione dei M. rimase, anche dopo che il primitivo carattere di tali divinità si era andato oscurando, fu perché i M. erano ormai legati a pratiche di culto ed a superstizioni popolari. Sia le une che le altre riguardavano la loro condizione dopo la morte dell’uomo. Fu questo il carattere che rimase predominante nella religione dei M., che furono considerati come le anime dei defunti. Il Romano, quando dal pensiero dei M. di tutti i defunti passava a quello dei M. di un solo defunto, era tratto dall’uso a conservare il plurale, pur non attribuendo due anime a quel defunto. Pur non avendo coscienza che primitivamente si credeva che due M. presiedessero alla vita di ciascun uomo, e che l’anima di lui si ricongiungesse poi, dopo la morte, alla natura divina di quei due suoi Geni".

Manicheismo: Dottrina religiosa fondata dal persiano Mani (III secolo d.C.), che associa all’elemento cristiano, che ne è il nucleo essenziale, altri derivati dallo zoroastrismo e dal buddhismo. Si basa sulla concezione secondo cui nella realtà opera la dualità fondamentale del Bene, o Luce, e del Male, o Tenebra. Principi eterni ed originariamente separati, dalla loro commistione avrebbe avuto origine tutto l’essere, in particolare il mondo fisico e soprattutto l’uomo. Questi, legato al regno delle tenebre dalla concupiscenza e dalla riproduzione, dopo la redenzione operata dal Cristo, attraverso un rigido ascetismo, può e deve tendere alla Luce. Sant’Agostino (v.) vi aderì, per poi combatterla aspramente sia sul piano teologico che su quello filosofico. La chiesa manichea sopravvisse in Oriente fino al XII secolo.

Manifestazione: Azione ed effetto dell'esprimere atteggiamenti o sentimenti. Prova diretta di un fenomeno spirituale o fisico. (G.O.I.) La M. è il risultato dell'attrazione che la vita esercita sulla nostra essenza. Essa è irresistibilmente chiamata a cercare una forma adeguata nella quale esprimersi. La M. rappresenta uno degli arcani della vita. L'altro è il bisogno, in un certo senso contrario e certamente complementare, di risalire dalla nostra forma imperfetta alla nostra essenza unitaria, apportatrice di luce. In tal modo l'essere umano si trova essere contemporaneamente artista ed opera d'arte, in un continuo scambio di azioni e contemplazioni.

-Manipura: Nome del terzo Chakra, che significa città dei gioielli. Esso è localizzato a livello del plesso solare, ed è associato a fegato, pancreas, stomaco, milza, parte alta dell’intestino ed a tutte le funzioni metaboliche e vegetative. Dal punto di vista psico-energetico, la sua funzione più importante è relativa all’affermazione personale ed all’esercizio del potere individuale rispetto al sociale ed all’ambiente in generale (indica la realizzazione della persona, quanto la persona vede realizzabile il suo desiderio di vita, quanto una persona vuole e desidera combattere per se stesso, quanto una persona si ama). Le patologie principali espresse dal M. riguardano tutte le malattie metaboliche, quali il diabete, le iperlipidemie, le insufficienze epatiche, la cirrosi, le ulcere gastriche e duodenali, i tassi glicemici, ecc., nonché tutte le patologie riguardanti i processi di nutrizione, digestione ed assimilazione. Dal punto di vista psico-energetico è a livello di questo Chakra che si generano le forze emotive dirette verso l’ambiente esterno: i sentimenti d’amicizia, rancore, simpatia, antipatia, ecc. Esso è il fondamento della personalità sociale. Il funzionamento disarmonico di questo Chakra genera il desiderio sfrenato di potere, di manipolazione, per poter stravolgere la realtà sempre e a proprio favore; tendenzialmente si potrà notare un atteggiamento iperattivo, il quale viene messo in atto per nascondere il senso d’inadeguatezza e vuoto che è causato dall’impotenza a gestire le situazioni di potere assoluto che si pretenderebbe d’esercitare. La serenità interiore sarà fortemente compromessa e, ovviamente, sarà principale la soddisfazione del benessere materiale, sia pure a discapito di qualunque sentimento piacevole, giungendo addirittura a ritenerli indesiderabili e fastidiosi. Il soggetto che soffre d’uno scompenso del M. è portato a perdere il controllo delle proprie emozioni, ed a sviluppare un atteggiamento fortemente aggressivo, necessario per non permettere agli altri di mettere a nudo la propria pochezza interiore, fatto questo che smaschererebbe i giochi di potere di cui questo soggetto vive, creando una situazione di paralisi energetica che si esprimerebbe come impotenza disperata e disperante; un esempio di questo soggetto sconfitto, può essere data dall’immagine di quelle persone in genere di mezza età, ma sempre più spesso anche giovani, che trascorrono il proprio tempo in attività annichilenti e distruttive, quali il bere, fare uso di droghe più o meno riconosciute come tali, e che in genere hanno in famiglia un atteggiamento fortemente aggressivo e prevaricatore. A questi infatti fa seguito una situazione fortemente depressiva. In questo caso il soggetto avrà come obiettivo principale l’essere accettato e benvoluto dagli altri, e per raggiungere questo scopo negherà a se stesso per conformarsi al modo di pensare delle persone cui desidera piacere, soffocando e negando completamente i propri desideri ed emozioni; ciò nonostante, anzi, proprio a causa di questo atteggiamento frustante, aumenteranno le prepotenze e le angherie verso i membri della propria famiglia. Gli alimenti che possono essere utili per riequilibrare il M. sono gli amidi, le farine integrali e gli zuccheri semplici. Le pietre collegate con il terzo Chakra sono: Pirite, Citrino, Topazio, Pietra Del Sole, Malachite, Quarzo Occhio Di Tigre, Malachite-Azzurrite, Malachite-Crisocolla, Diaspro Giallo, Blenda, Quarzo Rutilato, Aragonite, Calcite Arancio, Ambra ed Andalusite.

Manismo: Credenza nel potere degli antenati (v. Mani), che vengono invocati mediante riti particolari (culto dei morti). La teoria del M., che vorrebbe far risalire le origini della religione al culto degli antenati, si formò nella seconda metà del XIX secolo, in età positivistica, soprattutto ad opera del filosofo inglese Herbert Spencer (Principles of Sociology, Principi di sociologia, 1876-96).

Manitù: Presso gli Algonkini ed altre popolazioni indigene nord-americane, in linguaggio amerindo significa spirito, ed indica la potenza soprannaturale posseduta da certi oggetti sacri o dagli spiriti; tra questi ultimi il più venerato è il Grande Spirito, l’Essere Supremo, il Signore di tutti gli uomini, degli animali e dell’intera natura. È soprattutto la forza magica ed impersonale presente in qualsiasi fenomeno naturale come in ogni attività umana. Il concetto è molto simile a quello del Mava (v.) indonesiano. Si rivela agli uomini, nel sogno o nelle visioni provocate soprattutto dal digiuno, sotto forme animali, poi concretizzate nei totem (v.).

Manna: Succo zuccherino contenuto in diverse varietà di frassino, caratterizzato da un ragguardevole contenuto di mannite. La M. è una sostanza di sapore dolce, gradevole e solubile in acqua che viene usata per l’estrazione della mannite, impiegata in medicina come blando lassativo, specie per i lattanti. Vengono chiamate M. anche altre secrezioni vegetali contenenti zuccheri, come la M. del Sinai (secrezione provocata dalla puntura di insetti sulle foglie di alcune specie di Tamarix e di Artemisia), e la M. del deserto, costituita da talli di alcuni licheni che crescono nelle zone steppose e subdesertiche dell’Africa settentrionale e dell’Asia occidentale. Si tratta di piccole formazioni rotondeggianti, che possono venire trasportate dal vento anche molto lontano (pioggia di M.). Questo fenomeno è ritenuto corrispondere all’apparizione biblica della M., nutrimento degli Ebrei nei 40 anni di viaggio nel deserto del Sinai (Esodo 16, 15-36; Numeri 11, 6-9). Nella tradizione rabbinica, la M. è considerata il cibo del Regno di Dio.